Una
donna seduta su una panchina osservava il mondo con un leggero distacco. Chioma
grigia con capelli mossi, spettinati e morbidi. Mi guardava mentre mi
avvicinavo a lei, la sua bici appoggiata alla rete. Sedetti accanto e chiusi
gli occhi al sole. Dopo qualche minuto l’inevitabile battuta sul tempo e come
fosse bella quella giornata, oziosa e calda d’estate. I discorsi erano
distaccati ma dopo un po’ si arrivò al punto che in molti abbiamo in comune.
E così scoprì che dietro a quella donna non più giovane per
lavorare ma abbastanza per vivere una vita di interessi e passioni, la vita era
cambiata. Insegnante di una scuola privata perde la sua occupazione all’età di
52 anni. Mi racconta che prima aveva una vita movimentata, usciva con la
sorella e la loro compagnia ma ora non può più reggere i ritmi di spesa e così
pian piano si è isolata dal suo passato per trovare nuovi ritmi.
I suoi capelli grigi, non più tinti per
risparmiare, mi ha fatto scoprire che ancora oggi si preparano in casa i detersivi per lavare
i piatti, il bucato e le creme per i capelli. Ha venduto l’auto che resta un
ricordo di viaggi lontani ed ora si muove solo con la bici per andare in
biblioteca in centro città dove ogni mattina può leggere un buon libro, senza pagare, e dove
può vivere una parvenza di normalità, di integrazione in un tessuto sociale da
cui è stata estromessa e non ha più speranza di rientrare. Ha smesso di cercare
un impiego. Chi assume una donna di 56 anni?
Mi racconta che non cerca
più la compagnia della sorella perché ormai è un altro mondo che non le
appartiene più. Mi spiega che, nonostante tutto, ha acquisito una serenità che nella vita caotica
lavorativa non si trova, una certa tranquillità, lentezza dello scorrere del
tempo e la gioia di poter ammirare la natura e la vita come non era riuscita
prima.
Mi parla di una sua amica che è in una situazione peggiore ed è dovuta tornare dai
suoi genitori, non esce mai di casa, non ha entrate di nessun tipo e purtroppo
con l'impiego che faceva non ha potuto risparmiare. Non riesce a trovare
neanche un lavoro da badante o da donna delle pulizie con una certa continuità.
Un giorno al mercato, sole, confusione, tanta gente di tutti i colori, da noi è così. Brusio, venditori che richiamano la folla ad acquistare i loro prodotti proponendoli come i migliori. Nonostante tutto c’è una certa allegria con invito alla vita e alla gioia, poi noto qualcosa di strano alla mia destra, mi giro e in mezzo a tanta confusione, al di là del marciapiede, vedo un uomo, curvo, piccolo, sbarbato e ben pettinato, con lo sguardo basso come a voler diventare trasparente. Si avvicina ai cassonetti e rovista dentro ad essi in cerca di cibo o altro che riponeva in un carrellino della spesa.
Mi si è stretto il cuore, mi sono avvicinata, avrei voluto parlargli, condividere la sua disperazione ma ho notato in lui una certa dignità, si vedeva benissimo che non era una sua condizione abituale, si capiva benissimo che forse era un impiegato, che in passato aveva una vita normale, di lavoro, una moglie, uscite con gli amici, un caffè al bar e quattro chiacchiere. In passato ma ora questo, quasi di nascosto mi avvicino a lui per dargli 5 euro, sapevo che non gli cambiava la vita, altro non avrei potuto fare, ma volevo che sentisse la solidarietà, non l’ho quasi guardato in viso per pudore per non scoprire il suo dolore e umiliarlo. Mi sono allontanata senza girarmi se non quando ero dall’altra parte del marciapiede, in mezzo alla folla, al brusio della vita con un dolore in più, la consapevolezza che questo può capitare a tutti, ma era sparito! Un giorno hai il mondo tra le mani e l’altro sei nel baratro.
Non
avete idea di quante persone si incontrano quando non si lavora passeggiando
per le vie del proprio quartiere, soprattutto donne oltre i 50 anni che non
hanno un impiego. Ieri ho incontrato una signora che raccoglieva delle erbette
dai cespugli e incuriosita le ho chiesto cosa ne facesse e lei mi spiega che le
impasta con la pasta delle tagliatelle, o le abbina al riso. Lo fa per passare
il tempo oltre che per risparmiare. Raccoglie di tutto, conosce bene le erbette
della natura. Anche questa signora, con i suoi 65 anni ha particolari problemi, non di
lavoro perché pensionata, ma dopo la morte del marito le hanno unito e
diminuito la sua pensione con quella del coniuge. Se non avesse la pensione del
marito avrebbe una pensione mensile più alta.
In
contrapposizione ci sono altre situazioni, rare, positive ma ingiuste a causa di leggi
che vengono scritte senza pensare alle diseguaglianze sociali. Anna, ancora molto
giovanile, capelli scuri, viso sorridente ha sempre una parola gentile racconta
che quest’anno và in prepensionamento obbligatorio con abbassamento della
pensione. Una donna che ha lavorato tutta una vita, ma chi non l’ha fatto? Un
buon lavoro, un quadro e ora a 57 anni, da maggio, è in prepensionamento con una
pensione di tutto rispetto e importante. E’ dispiaciuta per le altre donne e
quasi si sente a disagio perché si rende conto che è fortunata, iscritta
all’editoria, percepisce già la pensione da maggio del 2013, cioè quest’anno,
questo mese. Al contrario di donne disoccupate coetanee che percepiranno la
prima pensione a 67 anni e ½. Non si capisce questa disparità di trattamento.
Una
bella coppia, lei, scura di capelli, carattere vivace e un po’ infantile. Lui
alto, un buono che accudisce la sua sposa. La luna di miele l’hanno saltata
perché non sapevano se un domani c’era ancora l’impiego in quella grande azienda.
Infatti dopo un mese dal matrimonio perde il lavoro dopo 15 anni di fedeltà, di
tensioni, di rinunce, la storia di tanti, cassa integrazione e il dolore per
non avere un futuro, un figlio tanto desiderato. Lei non trova pace e sono anni
che non riesce ad essere stabile in un’azienda, tutti impieghi provvisori. Il
figlio tanto atteso e voluto dovrà aspettare.
Storie di tanti e chi apre gli occhi e il cuore li può
vedere ed ascoltare. Nessuno è indenne da questo e nessuno si può sentire al sicuro
perché tutte queste persone erano, non barboni, non persone disagiate da
famiglie con problemi, ma impiegati, maestre, infermiere, disegnatori,
dirigenti eppure da un giorno all’altro hanno dovuto inventarsi una vita nuova
di rinunce e di accettazione. Non rassegnazione ma accettazione, alcuni anche
rassegnati e questo è il peggio.
Tutto quello che ho scritto è reale, tranne i nomi, sono i racconti delle persone e l'osservazione della vita dall'altra parte della barricata.
Cristina Deboni